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XGIOVE: “Esistere per RESISTERE” – dopo l’Olimpico, la fame è la stessa

Da una sala prove di provincia al palco dell’Olimpico. Ma senza perdere il senso delle parole. Il 27 giugno i XGIOVE hanno aperto il concerto di Vasco Rossi allo Stadio Olimpico di Roma. Lo stesso giorno è uscito Resistere, il loro nuovo singolo distribuito da BMG. Non è un caso, forse. Perché questa band marchigiana non ama i riflettori facili, né i manifesti gridati. Preferisce i fatti, le canzoni, i concerti sudati. E quando parla, lo fa come scrive: con la voce bassa, ma piena. Li abbiamo incontrati poco dopo una data che per molti avrebbe il sapore del traguardo. Per loro, invece, è stato solo un punto fermo da cui ripartire. Con la stessa fame, e qualche risposta in più.
C’è una frase di “Resistere” che sembra cucita addosso a questo momento storico. L’avete scritta pensando a qualcosa di personale o vi è uscita di pancia, senza filtri?
“Resistere” è un verbo a cui siamo molto affezionati, un grido che ci portiamo dietro da tanti anni. In uno dei nostri primi brani, Fuoco e Benzina, diciamo che “Siamo fatti per restare e per resistere al dolore”. Da buoni amici, prima ancora che da membri della band, ci troviamo spesso a parlare. Parliamo frequentemente della società di oggi, di come questa sta cambiando, di come noi ci stiamo dentro, confrontando le nostre visioni a volte anche diverse. Parliamo anche della nostra vita, di ciò che ci succede ogni giorno, di quello che proviamo. È inevitabile che durante questi brainstorming, salti fuori il verbo resistere. È esso stesso ad essere cucito addosso al momento storico che stiamo attraversando.
Portare una canzone così densa sul palco dell’Olimpico dev’essere stato un cortocircuito emotivo. In quel momento, mentre suonavate, avete pensato più a chi eravate o a chi stavate diventando?
Realizzare che un brano sia partito dalla nostra sala prove in via De Amicis per andare a schiantarsi contro la tribuna Monte Mario dell’Olimpico di Roma è qualcosa di indescrivibile. Cerchiamo sempre di fronteggiare tutte le situazioni, piccole o grandi che siano, con la stessa genuinità e con quella forza che viene dalla voglia di comunicare qualcosa. È ovvio che di fronte al contesto molto più grande di noi abbiamo pensato semplicemente a cosa stavamo vivendo, a ciò che eravamo in quel momento. Su quello che saremo, o meglio su ciò che vorremmo diventare, continuiamo ad interrogarci ogni giorno… anche se la risposta la conosciamo da anni.

XGIOVE – Resistere
C’è un sacco di musica che fa rumore per coprire il vuoto. Voi, invece, sembra che nel vuoto ci entriate a occhi aperti. È una scelta consapevole o è semplicemente il vostro modo di scrivere?
Noi pensiamo che l’artista abbia un ruolo importante nella società, che è quello di fornirci una visione propria, e spesso diversa, della vita, del mondo, della società stessa. È ciò che lo distingue da un intrattenitore. Siamo cresciuti con il cantautorato italiano, con il rock anni ‘90, quando anche dietro le parole più delicate si nascondeva spesso un forte grido, quando i testi delle canzoni avevano un peso. Oggi, anche con parole forti, i significati restano leggeri, lo sappiamo benissimo, ma sappiamo che gli Artisti esistono ancora; occorre avere la curiosità di scavare, la pazienza di approfondire. Spesso non basta fermarsi in superficie per riuscire a capire quello che un artista ha da dire. E quando parliamo di artisti, non parliamo soltanto di cantanti e musicisti, ma di tutti coloro che con il proprio modo di vedere il mondo riescono forse anche un po’ a cambiarlo.
La parola “autenticità” è abusata, nel mondo della musica. Ma voi riuscite a renderla concreta, anche senza proclamarla. Vi siete mai sentiti “fuori posto” per questo?
Questa è una bellissima domanda, perché sappiamo già come rispondere. Scherziamo spesso definendoci “scappati di casa”, in moltissime occasioni ci siamo sentiti fuori posto, e ce ne saranno sicuramente di nuove. Ma è proprio questo il bello, no? Il sentirsi fuori posto potrebbe essere visto come un limite, ma noi abbiamo sempre creduto che i limiti esistano per farci trovare la forza di superarli; dunque molto spesso il sentirci fuori posto diventa la carica che ci spinge a dare ancora di più per fare meglio.
Ed è forse anche quello che rende credibile il vostro messaggio. Non costruito a tavolino, ma vissuto sulla pelle. Avete iniziato nel 2018, e passo dopo passo siete arrivati a dividere un palco con Vasco. C’è stato un momento in cui avete davvero pensato: “Forse non ce la facciamo”?
Ogni volta che dobbiamo affrontare qualcosa di più grande di noi c’è qualcuno che dice “Ragazzi è dura, non ce la facciamo”, ma subito qualcun altro risponde “Dai che la raccontiamo anche stavolta”. È uno dei lati più belli della band, che andrebbe adottato anche nella società. Quando qualcuno è indebolito, gli altri ci mettono più forza. Così, insieme, si affronta tutto, e ciò che arriva, arriva. Noi ci siamo dati una regola. Avere progetti, sì. Avere aspettative o pretese, no. Solo così si può apprezzare davvero tutto ciò che si riesce a realizzare. Quando si tolgono le aspettative si iniziano a vedere concretizzate occasioni stupende, quando si segue per forza qualcosa che poi non arriva si concretizza soltanto il fallimento delle proprie aspettative.
E qui viene quasi da fermarsi. Perché questa frase sulle aspettative è uno di quei pensieri che uno si dovrebbe tatuare addosso. Ma passiamo alla prossima domanda: vi definite una band che difende l’identità di una generazione. Che cosa rispondereste a chi vi chiede: ma oggi, davvero, esiste ancora una generazione che crede in qualcosa?
Assolutamente sì, c’è una generazione che crede in qualcosa. E non è accomunata dall’età, ma dalle idee, dal modo di vedere il mondo e di viverci dentro. Il problema è che spesso non viene rappresentata, perché come dicevamo in una delle risposte precedenti per parlare di certi argomenti servono curiosità e pazienza. E oggi si preferisce fermarsi alle cose più brutte, più superficiali. Ma sappiamo che sotto c’è un fuoco che arde, basta scendere più in profondità per vederlo. Pensiamo che i giovani non siano affatto apatici, disinteressati e menefreghisti come vengono dipinti, ma che probabilmente andrebbero presi maggiormente in considerazione, responsabilizzati nel senso positivo del termine. Questo li incoraggerebbe a dire la loro sul futuro del mondo, cosa che ad essi spetterebbe di diritto.