Primo Piano

Intervista a Giuliano Crupi: “Le mie canzoni le scrive la mia vita”

Published

on

Lo scorso ottobre è uscito “Luce”, il nuovo ep di un cantautore talentuoso quanto poliedrico e originale, stiamo parlando di Giuliano Crupi. Lo abbiamo raggiunto per una bella chiacchierata durante la quale ci ha raccontato il suo percorso, le direzioni future della sua musica e alcuni capisaldi della sua formazione.

 

Ciao Giuliano, bentornato. Ci parli del tuo nuovo Ep, “Luce”? Un lavoro molto intimistico, steso con perizia e cura, nel quale emerge un personale percorso autoriale molto interessante.
Ciao e grazie. “Luce” è il mio nuovo Ep che ha avuto un percorso sicuramente lungo, sofferto e faticoso. Credo di poter asserire, col senno di poi, che è vero, nella vita, come nella musica, che la strada migliore non è la più breve, ma la più arzigogolata, quella in cui ti perdi, cambi direzione improvvisamente, poi ritorni sui tuoi passi, poi cadi, e poi, a volte, muori anche di dolore e ti fermi, come nel mio caso. Quella in cui vedi più cose. Non sto osannando il dolore sia ben chiaro, sarei un pazzo o un masochista se lo facessi, ma, dal momento che la vita è imprevedibile anche nelle sofferenze che ti propone, non puoi far altro che viverle e starci dentro, senza fuggire. La mia compagna, alla quale il singolo apripista “Luce” era esplicitamente dedicato, è venuta mancare a febbraio scorso e tutto il mio mondo si è fermato, musica compresa. Ecco, “Luce” mi ha fatto innamorare alla follia, mi ha fatto perdere, mi ha fatto dannare, fermarmi, cambiare direzione, tornare sulla via, mi ha fatto sudare, correre, sognare, mi ha fatto credere che fosse tutto finito, mi ha fatto odiare la musica, poi mi ha fatto fare pace con lei, mi ha fatto piangere fino al prosciugamento, mi ha fatto soffrire come mai nella vita e, alla fine, mi ha regalato un Ep, pieno di autenticità, di verità, di Amore, di dolore, di sfumature di vita. La vita stessa non è lineare e, allora, correre come fulmini verso quella che crediamo essere la destinazione, ci brucia il viaggio che è la parte più bella, anche la più fragile, ma sicuramente la più creativa. Ecco, le mie canzoni le scrive la mia vita. Io mi impegno solo a viverla, ad attenzionarla, ad aprire occhi e anima, a condirla di emozioni, anche quando quelle emozioni sono dannatamente dolorose, anche quando mi colpisce duramente. “Luce” è il prodotto di tutto questo.

 

Secondo te qual è il significato del termine cantautore? Soprattutto declinato al giorno d’oggi periodo in cui tutti si definiscono cantautori…
È una domanda complessa perché tecnicamente la parola “cantautore” è una crasi formata dalla parola “cantante” e dalla parola “autore”, vale a dire un cantante che scrive e canta ciò che scrive. Dunque, ogni persona che scrive una canzone e la canta è etichettabile come cantautore. Nell’immaginario collettivo, il termine “cantautore” è sempre stato associato ai grandi nomi che hanno in qualche modo fondato tutto quel movimento culturale e creativo del cantautorato, penso a De André, piuttosto che a Guccini, Dalla, De Gregori e via dicendo. E, ancora oggi, si tende a fare paragoni intellettualoidi tra quei nomi così autorevoli e i nuovi nomi; il rischio è quello del pregiudizio verso il nuovo, verso ciò che è dignitosamente cantautorale. Ognuno ha il proprio stile, il proprio modo di scrivere e la propria sensibilità e profondità che evolve continuamente e produce. Secondo me, non è un cantautore o una cantautrice solamente chi scrive qualcosa, non partendo da una propria esigenza personale inevitabile e viscerale, ma calcolando il possibile successo di un brano, scrivendolo a tavolino, magari per fare entrare il motivetto in un TikTok con la speranza che diventi virale o che ci facciano sopra un balletto. Ecco, se la tua libertà creativa viene condizionata da strategie di marketing o di pubblico, non stai scrivendo per te stesso, per esigenza, per necessità, ma stai scrivendo per il pubblico, per la fama e per il successo. Lì, il gioco della musica e il suo meccanismo cantautorale è inquinato, compromesso, rotto.

 

 

Nella musica sono fondamentali le collaborazioni, perché ti allargano gli orizzonti. Tu come ti rapporti nel fare musica insieme ad altre persone? Ci sono musicisti con i quali hai instaurato un rapporto collaborativo?
Sì, ad esempio, avevo un brano che mi sarebbe piaciuto dare ad altri artisti, quindi in veste di autore, così lo proposi a Marco Guazzone e ci continuammo a lavorare insieme. Ora, quel brano è in Sugar e mi auguro che possano presto donarlo a qualche interprete in uscita con un nuovo lavoro. Ho cercato anche altre collaborazioni a dire la verità, ma, circa il mondo della musica, ciò che il pubblico vede da fuori è molto diverso dalle dinamiche relazionali interne. È molto elitario e chiuso. Il rischio è che scrivano sempre gli stessi, rimbalzandosi gli uni con gli altri. Il rischio è l’appiattimento perché, poi, quelle canzoni vengono “spinte” in radio e le ascoltano le persone. E tutti i bravissimi autori e artisti che non passano in radio, il pubblico, inteso in larga scala, come fa a conoscerli e ad innamorarsene?


Lasceresti Roma per un’altra città e se sì perché?
Sono molto legato alla mia città, ma per la musica la lascerei. Solo per quella. In effetti, però, pensandoci bene e tornando al discorso dell’imprevedibilità della vita, tutto è possibile, tutto può succedere e le variabili sono così numerose e indefinibili, che potrebbero presentarsi altre circostanze emotive, folli, ponderate o filosofiche, per cui potrebbe verificarsi di lasciare la propria città.


Che cosa vede Giuliano Crupi nel suo futuro musicale?
Fare più concerti possibili, incontrare più persone possibili e sperare che la mia musica possa essere o continuare ad essere sostegno, Amore e cura per chi la ascolta.

Exit mobile version