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Blynch presenta “Milleperché”: domande e melodie sospese

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Il nuovo singolo Milleperché esplora il “come sarebbe andata se”, quelle riflessioni che affiorano davanti a ciò che non possiamo cambiare. Blynch accompagna questo tema universale con un sound che sposa le ballad dell’indie britannico, arricchite da influenze britpop e bedroom pop, regalando una traccia intensa, delicata e profondamente evocativa.

 

C’è un momento specifico che ricordi come l’inizio della tua carriera musicale?

Difficile definire un inizio specifico. Tutto è partito da una strana forma di emulazione degli artisti che ascoltavo a 14 anni. Non mi stava bene che le canzoni che amavo non parlassero esattamente di ciò che stavo vivendo io, così le correggevo aggiungendo le cose che volevo per poi risuonarmele da solo. Col tempo, questo modus operandi si è esteso progressivamente: sono arrivato a costruire delle vere e proprie demo complete, giocando un po’ con gli strumenti che avevo a disposizione ed un po’ con ciò che offriva il mio vecchio computer. Con anni di esperienza e diverse batoste, sono riuscito a mettere insieme l’artista che sono oggi. Sono sicuro di avere ancora un mare di cose da imparare, ma sono fiero del fatto di essere riuscito a fare tutto questo da solo.

Da dove trai principalmente ispirazione per le tue canzoni?

Sono delle forme di esorcismo verso ciò che mi fa male, nel vero senso del termine. È pesante da dire, ma sono spesso proprio dolore e confusione a spingermi a scrivere. L’incapacità di dare una forma a ciò che mi ferisce mi porta a cercare di raccontarlo su carta, comporlo per immagini, dargli una forma laddove dentro di me c’è tutto e niente: è qui che nascono le mie canzoni.

Ci sono temi o messaggi ricorrenti nelle tue canzoni?

Il passato, sicuramente. Il mio vizio di camminare guardandomi alle spalle è tremendamente presente in ciò che scrivo. C’è sempre molta nostalgia, molta incapacità di vivere il presente per quello che è. Raramente capiterà di ascoltare una canzone “vivida” nel mio repertorio, sono quasi tutte annebbiate ed astratte. Sono luci fioche in una strada nebbiosa.

Quali artisti o generi musicali ti hanno influenzato maggiormente?

Nasco col britpop anni ’90 nel sangue. Oasis, Stone Roses e The Verve hanno contornato la mia crescita musicale fin dalla prima adolescenza. Crescendo ho poi scoperto artisti immensi quali Nick Drake, Fink, Elliott Smith, che hanno caratterizzato fortemente il mio modo di scrivere e di fare musica. Devo a Noel Gallagher un buon 90% di ciò che riesco a costruire oggi. Il mio songwriting è molto influenzato dal suo, e forse senza di lui oggi sarei finito a scrivere romanzi su fogli volanti al posto di fare musica.

Come valuti la tua evoluzione artistica nel corso degli anni?

Ho vissuto una morte ed una rinascita, artisticamente parlando. Ho iniziato costruendo un’immagine artistica di me, poi l’ho uccisa, ed ora sono tornato con una dimensione completamente nuova ma più in linea con me. Se la carriera di un artista fosse una linea retta, la mia sarebbe un gigantesco zigzag.

Qual è la tua canzone preferita da eseguire dal vivo e perché?

La mia preferita da suonare in live è decisamente “Colpa Mia”. È un brano in uscita, è ancora in lavorazione. Tuttavia suonarla in live crea un qualcosa di magico: è una canzone molto delicata, e molto sentita. Parla di suicidio, di voler andare via quando diventa tutto “troppo rumoroso”. Quando la suono il pubblico si silenzia completamente, ci connettiamo tutti in una sorta di fragilità / comprensione collettiva e credo che sia bellissimo.

Da dove è nata l’idea per il tuo nuovo singolo?

“Milleperché” è stato uno sfogo creativo durante un periodo di lavoro su altri brani, del tutto diversi da quest’ultimo. Stavamo lavorando a “Bordibianchi”, il mio primo EP. Avevamo intrapreso una direzione più pop ed in linea con le richieste di mercato, ma molto meno in linea con me. Quindi “Milleperché” nasce un po’ da quella voglia di sovvertire tutto, laddove purtroppo era troppo tardi per fare passi indietro. Registrai una demo alla buona su un vecchio PC, a malapena in grado di riprodurla tutta senza bloccarsi. Scrissi un testo completamente privo di direzione, un flusso di pensiero influenzato dalle mie letture di quel periodo (David Lynch, in particolare). Io e Violea, il primo produttore con cui abbia lavorato, abbiamo prodotto il brano con l’idea di pubblicarlo in un secondo momento. Aveva potenziale. Con la rottura della nostra collaborazione tutto si è un po’ azzerato. Il brano è rimasto chiuso in un cassetto fino alla produzione del mio nuovo EP in uscita, per cui ho deciso di ritirarlo fuori. A posteriori posso dire che avrei dovuto farlo molto prima.

Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro in termini di carriera musicale?

Non so ancora bene dove voglio arrivare, ma so che tipo di musica voglio fare. Non mi pongo obiettivi di fama o di chissà quale tipo di successo. Voglio piuttosto riuscire a rimanere fedele alla mia visione artistica, ed andare avanti così fino alla fine indipendentemente da tutto. La mia dimensione ideale sta nell’avere un mio pubblico, una nicchia di persone in grado di ascoltarmi per davvero.

 

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