Primo Piano
Jonio: tra corsia e palco, “Di Cose Belle” è un invito a sorridere anche alle proprie fragilità
Con il nuovo singolo “Di Cose Belle”, Jonio apre uno squarcio sincero sulla complessità dell’esistenza, tra ironia, consapevolezza e voglia di leggerezza. Il brano racconta un percorso personale fatto di accettazione e di dialogo interiore, dove la fragilità non è più un limite ma una parte integrante della propria identità.
Classe 2001, cantautore e studente di medicina, Jonio vive in equilibrio tra due mondi solo in apparenza lontani: la musica e la scienza. In questa intervista, ci racconta come riesce a farli convivere, il desiderio di unire arte e cura in un unico progetto, e la convinzione che le parole – quando scelte con attenzione – possano essere terapeutiche quanto un gesto medico.
Come convivono dentro di te il cantautore e lo studente di medicina?
C’è una convivenza fatta di scambi continui. È difficile tenere insieme le due cose, ma è vero anche che l’una è di supporto all’altra. Studiare medicina è stata assolutamente una mia scelta, non mi ha mai costretto nessuno a intraprendere quel tipo di percorso, ma sono anche dell’idea che bisogna seguire le proprie attitudini e coltivarle. Ed è quello che ho fatto iniziando a scrivere e comporre, perché erano diventati un’esigenza e non potevo più trascurarli.
In che modo le tue esperienze in ambito medico influenzano la tua scrittura musicale?
Mi ricordano quanto siamo fragili e quanto sia totalizzante per una persona essere d’aiuto per gli altri. Non riesco ad avere una prospettiva superficiale quando scrivo, ogni parola ha un peso e racchiude un suo significato. Oltretutto, la forma mentis che mi ha dato questo percorso di studi la applico anche nel mio processo di scrittura. Non so se la mia sensibilità cantautoriale sia scaturita da queste esperienze o se sia stata essa stessa a condurmi a fare determinate scelte, e intraprendere queste strade.
Quale parte di te emerge maggiormente in “Di Cose Belle”?
In questo brano emerge forse la parte più ironica e giocosa di me. Quella che vuole imparare a convivere con i miei difetti, scherzandoci su e sfruttandoli come punti di forza. In fondo io sono anche e soprattutto questo, ma così tanto impegnato a strappare un sorriso agli altri che mi dimentico quanto sia importante strapparne uno a me stesso. E ci ho provato con “Di Cose Belle”, credo con buoni risultati.
Hai mai pensato di fondere musica e medicina in un progetto unico?
Sì, tantissime volte. Il mio sogno sarebbe poter portare avanti entrambe le strade in futuro, almeno finché sarà possibile. Fonderle in un unico progetto sarebbe incredibile. A questo proposito mi piacerebbe formarmi come musicoterapeuta e trarre vantaggio dal potere del suono, della musica, dell’approccio agli strumenti per migliorare la qualità della vita delle persone, soprattutto i bambini con disturbi dell’attenzione o della concentrazione, e gli anziani, con demenze o quadri sindromici che compromettono il mantenimento del loro benessere.
Dove ti vedi tra dieci anni: in corsia o su un palco?
Non saprei rispondere a questa domanda. Io mi affido agli eventi e alle occasioni che mi si pongono davanti. Sicuramente posso dire che trasformerò in professione ciò per cui sono appassionato, che sia scrivere e cantare su un palco di fronte a migliaia di persone o prendermi cura di un paziente. La verità è che mi sento a mio agio in entrambi i contesti, e prima di compiere delle scelte importanti voglio poter sperimentare al massimo.