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Intervista a Vangio: il senso profondo di “Amaro a Metà”

“Amaro a Metà” è il nuovo singolo di Vangio, un brano che affonda le radici nella quotidianità e nella gratitudine, nato da un titolo evocativo e cresciuto quasi da sé. L’artista racconta come la scrittura sia spesso guidata da esperienze vissute o desiderate, sempre filtrate da un tocco di fantasia.
In questa intervista, Vangio si apre sul suo percorso artistico, sul ruolo fondamentale dei live nella maturazione interpretativa e su come stia cercando oggi un equilibrio tra tecnica vocale ed emozione. “Amaro a Metà” è anche una dedica, un ringraziamento a chi continua a credere nella musica dal vivo e a offrire spazi in cui potersi esprimere.
Cosa viene prima per te: una melodia da cantare o un testo da raccontare?
Dipende molto da come sono preso, generalmente delle storie da raccontare, però capita che mi affezioni ad una melodia particolarmente e che cerchi di trovarci un testo, solitamente sempre preso da qualcosa che mi è capitato o che vorrei che mi capitasse, il tutto sempre condito con la giusta dose di fantasia.
Qual è stata la sfida più grande nello scrivere il testo di “Amaro a Metà”?
Non c’è stata una sfida particolarmente difficile nello scrivere il brano, è un brano che dopo aver deciso titolo e dal titolo aver capito di cosa poteva parlare, è venuto fuori da sé.
Studi canto con una Maestra importante: quanto è cambiato il tuo modo di interpretare una canzone?
Il modo di interpretare i brani è più influenzato a parer mio dai live, dalla passione che ci metti, dalla maturazione musicale, artistica e umana, ad esempio molti dei miei brani più vecchi li registrerei perché penso che ora potrei interpretarli molto meglio, però ci sono brani che non sono ancora usciti di cui sono molto soddisfatto che secondo me rispettano queste caratteristiche che non vedo l’ora di farvi ascoltare.
Quando componi, pensi più alla tua voce o all’emozione che vuoi lasciare?
Ci deve essere un equilibrio, ultimamente sto cercando di pensare si alla voce che è ovviamente fondamentale, ma molto di più all’emozione perché ho avuto le sensazione di averla trascurata un po’ ultimamente.
Se potessi dedicare “Amaro a Metà” a un solo ascoltatore, chi sarebbe?
La dedicherei a Marco, il proprietario dell’Amaro a Metà che ogni mese mi da la possibilità, assieme al mio chitarrista Davide Panighel che ha anche lui un suo progetto di inediti, di avere uno spazio all’interno del suo locale per cantare cover ma anche brani miei, che al giorno d’oggi è tutto tranne che scontato.